domenica 19 aprile 2015

LEONARDO da VINCI e la FISARMONICA



                          LEONARDO da VINCI
               e la Fisarmonica 



 
                     Leonardo                                                                                             Denis Biasin         

La fisarmonica e il bandoneon nascono da una sanguigna di Leonardo da Vinci che sta nel foglio 76 del “Codice Madrid" consultabile presso la Biblioteca Nazionale della stessa città.
Il  disegno  destò   la   curiosità  del   Maestro   Denis  Biasin  - fisarmonicista e insegnante dello strumento – che avvicinò il famoso liutaio Mario Buonoconto, di Majano (UD), per interpretare, insieme, il disegno leonardesco di un organo portativo con le canne di carta. La posizione verticale della tastiera suggerì a Biasin la possibilità di poter modellare una fisarmonica: quella che Buonoconto riuscì a realizzare sostituendo la deteriorabile carta con il legno e migliorando il mantice con una doppia azione capace di soffiare l'aria senza interruzioni al fine di produrre un suono continuo. Ovviamente, mancando i tasti della mano sinistra (che è impegnata ad azionare il mantice), il suono prodotto non è polifonico bensì monodico e, conseguentemente, privo di accompagnamento. 
Lo strumento è visibile presso 'L'Artist Concert Hall' contigua alla 'Biasin Musical Instruments' di Azzano Decimo. 

LA FISARMONICA
Da parecchi anni la fisarmonica è uno strumento molto diffuso. Nata come 'organetto' per l'esecuzione di musica folclorica e popolare, è entrata nelle sale 'da ballo' ed è divenuta elitaria nel jazz (in Italia grazie a Gorni Kramer). Successivamente ha fatto il suo ingresso  nelle sale da concerto. Perciò la tecnica ha dovuto evolversi portando il numero dei registri (servono a combinare le voci per variarne il timbro) sino a undici e sensibilizzando il percorso del mantice al fine di differenziare  l'intensità del suono, (la dinamica del suono) dal pianissimo (pp) al  fortissimo (ff), dal crescendo (<) al decrescendo (>). Altra qualità essenziale per una fisarmonica da concerto è quella di avere i 'bassi sciolti' che conferiscono alla bottoniera sinistra uguali possibilità della tastiera (o bottoniera) di destra (come nel pianoforte o nell'organo) e, quindi, di poter eseguire brani polifonici complessi (ad esempio quelli bachiani).
Tra i compositori di musica classica per fisarmonica vanno citati Salvatore Sciarrino e la russa Sofja Gubajdulina che, ovviamente, scrive per il 'bajan' (tipica fisarmonica a bottoni russa).

Comproviamo con degli esempi: il primo riguarda il jazz con una esecuzione di Sebastiano Zorza che, al 'Mittelfest 2010' ha presentato - insieme all'ideatore Denis Biasin - la fisarmonica di Leonardo. Lo ascolteremo nel famosissimo brano 'The Man I love' di George Gershwin (1898-1937). Per correttezza va precisato che la registrazione è alquanto lacunosa perché fatta  fortuitamente - con un registratorino portatile posato a terra sul palcoscenico -, durante un concerto commemorativo di un fisarmonicista di Fanna, molto dotato ma poco fortunato.
Ma l'esecuzione di Zorza è talmente avvincente e sofisticata da indurci a proporla ugualmente. Gli accordi da lui creati sono spesso gradevolmente dissonanti. Uniti al sensibile uso del mantice per produrre suggestivi vibrati e una mutevole espressività dinamica - sono il frutto di una cultura musicale ben inserita nella contemporaneità.         

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Riccardo Centazzo è nato a Maniago, ma è docente di fisarmonica presso il Conservatorio Pergolesi di Fermo. Usa uno strumento 'Zero Sette B 45 Special' e da quella fisarmonica ricava un suono scrupolosamente calibrato, asciutto e per nulla romantizzato: adatto alle composizioni barocche che lui stesso trascrive. Ha pubblicato cinque CD intitolati: "Girolamo Frescobaldi - Toccate, Canzoni e Ricercare" - "J.S. Bach - I Quaderni" - "Fisarmonica in concerto" - "A Maria Luisa Spaziani" - "Caleidoscopio".
Propongo la sua trascrizione della 'Fantasia e Fuga in Lamin BWV561' di Johann Sebastian Bach, attenta a trasferire, nel suo prezioso strumento, il carattere improvvisativo della 'fantasia' e quello - rigoroso e trascendentale - della 'fuga'. La polifonia bachiana è da lui mirata ad evidenziare l'incommensurabile carattere della 'musica mundana' che universalizza quello strettamente 'instrumentalis'.

          




                       IL  BANDONEON                                    
Il bandoneon è il tipico strumento argentino - sebbene nato in Germania a metà dell'ottocento - usato prevalentemente per suonare e accompagnare il tango. 
Ha due 'bottoniere'- destra e sinistra - i cui tasti producono suoni diversi quando il mantice è in apertura e quando è in chiusura. Come nella fisarmonica la dinamica è legata alla pressione con cui viene praticata l'apertura o la chiusura del mantice, le cui dimensioni molto più estese, in lunghezza, di quello della fisarmonica, rendono lo strumento alquanto difficile da maneggiare. 
Astor Piazzolla (1921-1992) è il più noto suonatore e compositore di tango, e non solo: scrisse la celeberrima 'tango operita' "Maria de Buenos Aires", su libretto di Horacio Ferrer. 
Il diminutivo 'operita' non è una 'diminutio', ma si riferisce alla breve durata dell'opera e alla sua estraneità al Melodramma. Ancora una volta Piazzolla mostra la sua statura di musicista formatasi alla scuola di Nadia Boulanger che gli permette di comporre anche una 'Fuga', la forma musicale più complessa. 
Ascoltiamo il suo tango più famoso: "Adiòs nonino'  scritto in occasione della morte del padre, affettuosamente chiamato nonnino. La registrazione proposta è la più bella tra le tante e, stranamente, è stata fatta in Italia per l'etichetta 'Carosello' con il celeberrimo quintetto formato da bandoneon, pianoforte, violino, chitarra e contrabbasso. 

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La fotografia mostra il bandoneon e l'impensabile estensione del suo mantice.

mercoledì 15 aprile 2015


MAJAKOVSKIJ  -  Il flauto di vertebre


Il 14 dicembre 1930, a soli trentasette anni, il grande poeta russo moriva sparandosi un colpo di pistola al cuore (“mi chiedo se non sia meglio mettere il punto di un proiettile alla mia sorte”).
Convinto assertore degli ideali comunisti – quelli realmente rivolti alle masse – trasferì nella poesia la sua passionalità politica e quella sensuale. Voce della  corrente futurista (iniziata in Italia da Marinetti) che  vuol rompere ogni legame con il vecchiume accademico del passato, e voce della sua interiorità fortemente condizionata dalle pulsioni sessuali talmente incontrollabili da suggerirgli il titolo della poesia qui proposta: “Oggi io suonerò il flauto / sulla mia colonna vertebrale”.
I versi sono rivolti alla sua amante  Lilja, musa ispiratrice del poeta e moglie dell’amico Brick. Si creò il triangolo amoroso accettato dalla coppia sposata e mal tollerato da Vladimir (Majakovskij) che fu sempre turbato da una struggente gelosia: a volte invocò addirittura Dio, un dio al quale non credeva.

Passiamo alla lettura e all’ascolto  di alcune parti de ‘Il flauto di vertebre’ nell’interpretazione – opportunamente esagitata e inquietante – di Pierpaolo Capovilla accompagnato da Giulio Ragno Favero al sintetizzatore. 

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Forse di questi giorni, / orrendi come aguzze baionette, / quando i secoli avranno canuta la barba, / resteremo soltanto / tu / ed io, / che t'inseguirò di città in città. // Sarai mandata di là dal mare, / ti celerai nel covo della notte: / ti bacerò attraverso la nebbia di Londra / con le labbra di fuoco dei lampioni. // In lente carovane percorrerai i torridi deserti, / dove stanno leoni in agguato: / per te / sotto la polvere strappata dal vento, / sarà un Sahara la mia guancia ardente. // Con un sorriso sulle labbra guardami, / vedrai / che torero io sono! / E d'improvviso / getterò sul tuo palco la mia gelosia / come l'occhio morente del toro. // Se portando il tuo passo distratto sul ponte / penserai / che si sta bene laggiù, / sarò io / sotto il ponte la corrente della Senna, / e ti chiamerò, / digrignando i putridi denti. // Con un altro incendierai nel fuoco dei cavalli / Strelka o Sokolniki. / Io starò in alto a farti soffrire / come un'ignuda luna in attesa. // Sono forte, / avranno bisogno di me / e mi ordineranno: / muori in battaglia! / Il tuo nome / sarà l'ultimo, / rappreso sul mio labbro lacerato dal proiettile. // Finirò sul trono? / O a Sant'Elena? / Dominati i flutti tempestosi della vita, / sarò ugualmente candidato / al regno dell'universo / e al lavoro forzato. // Se è mio destino d'essere re, / il tuo viso / ordinerò di coniare al mio popolo / nell'oro vivo delle mie monete! / O laggiù, / dove si scolora il mondo nella tundra, / dove traffica il fiume col vento del nord, / sul ferro graffierò il tuo nome, Lilja, / e le catene bacerò nel buio della galera. //

Il poema si conclude con i seguenti versi:

Tu che hai saccheggiato il mio cuore / privandolo di tutto / e nel delirio mi hai lacerato l'anima / accogli, cara, il mio dono, / forse più nulla io potrò inventare. // Onorate a festa la data di oggi. / Avverati, / magia simile alla passione di Cristo. / Vedete, / sulla carta sono trafitto con chiodi di parole. //

Suicidandosi, si congeda scrivendo questa lettera che dice come anche gli 'eletti', a cospetto della morte, scendano dallo scanno. 

" ... Mamma, sorelle, compagni, perdonatemi. Non è una soluzione (non la consiglio a nessuno), ma io non ho altra scelta. Lilja, amami. Compagno governo, la mia famiglia è Lilja Brik, la mamma, le mie sorelle e Veronica Polonskaja. * Se farai in modo che abbiano un'esistenza decorosa ti ringrazio. ... Come si dice, / l'incidente è chiuso. / La barca dell'amore / si è spezzata contro il quotidiano. / La vita e io / siamo pari. / Inutile elencare / offese, dolori, / torti reciproci. / Voi che restate siate felici".
* Veronica Polonskaja è stata l'ultima amante di Vladimir. Scrisse la biografia " Il mio Majakovskij".

martedì 7 aprile 2015

JAZZ musica debole?


JAZZ musica 'debole' ?







Il grande musicologo Quirino Principe non accetta la definizione di musica classica che qualifica, invece, come 'forte'. Dove sta il confine? 'La biondina in gondoleta', proposta in Babilonia musicale (1), è una canzone popolare perché canticchiata da tutti, o è un 'Lied' di Johann Simon Mayr?. 'Rapsodia in blue' di George Gershwin va ascritta tra la musica colta o nel jazz? E lo stesso jazz è fatto per ballare o per essere ascoltato con concentrazione? 
E' nato nei bordelli di Storyville a New Orleans luogo in cui si inventano di volta in volta i brani proposti, ma lo stile si perfeziona a Chicago dove Louis Armstrong emigra e fonda -nel 1928 - gli 'Hot Five' (I cinque caldi). Da allora il jazz non è più musica folle o di intrattenimento cresciuta nell'epoca del proibizionismo, ma diviene un genere musicale compiuto anche se immediato,  impulsivo, e libero nell'improvvisare delle 'variazioni' su temi blues. (L'«Aria con variazioni» è una forma antica che si è consolidata tra il '500 e il '600: molto nota 'La frescobalda' di Gerolamo Frescobaldi). 
Duke Ellington - altro grande nome del jazz classico - è, invece, più attento alla forma che vuole simmetrica e precisa, rarefatta e intellettuale.


Ascolta 'West and Blues' - L. Armstrong e gli 'Hot Five' 

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Dal 1928 la musica jazz si è evoluta seguendo - sebbene in modo diverso - i tortuosi percorsi di quella classica. Da Armstong a Billie Holiday, Charlie Parker, Miles Davis, John Coltrane, Keith Jarret e gli europei Jon Garbarek, Danilo Rea e Paolo Fresu, la prassi esecutiva jazzistica ha adottato un decorso di notevole emancipazione dall'iniziale orchestrazione improvvisata e casuale. Casualità simile a quella che i compositori della 'Scuola di Darmstadt' (sperimentatori della musica elettronica) del secondo '900, hanno chiamato aleatoria per dare - con la sua indefinita scrittura - ampio spazio interpretativo allo strumentista. Pratica abbandonata nel terzo millennio facendo ritorno ai parametri tradizionali, sebbene non strettamente codificati. 
Il jazz contemporaneo sembra appartenere definitivamente alla musica colta. E' proposto, oltre che nei Festival espressamente ideati (Umbria Jazz ad esempio), anche  nei teatri e nelle  sale da concerto più prestigiose quali il 'Piccolo Teatro' di Milano o il 'Parco della Musica di Roma. 

Radio3 Suite del 22 marzo 2015, ha presentato una registrazione in diretta dal Teatro Donizetti di Bergamo, con la partecipazione del 'Quartetto Palatino' formato dal già citato Paolo Fresu alla tromba (Tr), dallo statunitense Glenn Ferris al trombone (Trb), dall'algerino Michel Benita al contrabbasso (Cb) e da Aldo Romano alla batteria (batt.). Il brano proposto è una composizione dello stesso Fresu intitolata 'Variazione Tre'.

E' un brano appartenente al Jazz, ma con una complessità formale che può essere ritrovata soltanto nella musica classica. Come vuole il titolo, si rifà all' «Aria con variazioni» barocca: un motivo musicale viene presentato e poi modificato, a piacere del compositore, purché l'Aria sia sempre riconoscibile. Il 'Quartetto Palatino' effettua delle variazioni di inaudita complessità polifonica. Gli strumenti si contrappuntano (punctus contra punctum = nota contro nota) in un modello che può essere ritrovato soltanto nella scuola rinascimentale fiamminga dell'ineffabile Josquin Desprez. 
E' un brano che richiede notevole volontà recettiva, ma potenzialmente in grado di donare momenti di assoluto (ab solutus = sciolto [sciolto da ogni legame con la realtà]) coinvolgimento che - sebbene  più razionale che emotivo - è del tutto gratificante.


  'Variazione Tre' con Paolo Fresu e il 'Quartetto Palatino'

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Conclusione: il Jazz è decisamente musica 'forte'!