AFFETTIVITÁ in MUSICA
Parleremo di musica e del suo rapporto con le altre sfere culturali, collegando particolarmente le nostre riflessioni a quelle del linguaggio filosofico, affine per astrattezza a quello musicale, assoluto perché svincolato dalla realtà (ab-solutus = sciolto, sciolto da ogni legame con la realtà).
La matematica, comunemente ritenuta una scienza, è un
linguaggio, ed è un linguaggio assoluto posto al servizio delle scienze quali, ad esempio, la fisica e la chimica.
Il fatto che la musica non abbia una sua
capacità semantica, non vuol dire che non sottintenda una ideologia intrinseca,
variabile a seconda dei musicisti e delle epoche storiche (la visione del mondo
di Beethoven non è quella di Vivaldi o di Stravinskij). Il linguaggio musicale,
essendo assoluto, mostra quindi allusivamente, indirettamente - attraverso
l’organizzazione sintattica dei suoni - il proprio contenuto lirico e la
‘Weltanschauung’ dell’epoca in cui la musica nasce e vive.
CAOS e
COSMO
I suoni della natura come forze primigenie
Il titolo del saggio, “Affettività,
pulsioni e sublimazioni in musica”, ne sottende uno più esplicito che
riguarda l’espressività della
musica.
Nella
premessa si è notato che la caratteristica peculiare del linguaggio musicale
è la sua asemanticità, la sua
incapacità di esprimere precisi significati, proprietà che lo distingue dagli
altri linguaggi artistici. Come linguaggio assoluto può dire l’indicibile,
l’ineffabile, tutto ciò che sta nel subconscio dell’uomo piuttosto di ciò che
sta nel reale, di ciò che è realtà udibile o palpabile come la manifestazione
di un temporale o le descrizioni oggettuali.
La
precedenza va data alle primordiali manifestazioni sonore ascoltando alcuni dei
rumori/suoni della natura nel suo
ipotizzabile nascere, organizzarsi ed evolversi sino all’avvento dell’uomo con
il suo battito cardiaco e il suo respiro. La proposta può apparire ingenua, ma
va ascoltata attentamente cercando di identificare i rumori come suoni, così
come voleva John Cage.
Ascolta ‘Caos e cosmo’ – Rumori/suoni
(registrazione
amatoriale fatta all’aperto dall’autore del libro)
http://www.magris.it/libro/rumori.mp3
Gli Uitoto, selvaggi dell’Amazzonia, dicono che all’inizio
Per
Pitagora il suono è l’aspetto sensibile dell’universo:ogni
pianeta col suo movimento genera nell’atmosfera un attrito che produce un
suono. La somma dei suoni generati da tutti i pianeti ci dà quello che
percepiamo come silenzio. Teoria
molto suggestiva, di grande lirismo cosmico e che si collega perfettamente allo
spettro solare e al bianco
risultante dalla somma dei suoi colori.
Nella
cultura indiana nasce il respiro del Brahman, l’inspirazione e l’espirazione
che si fa percettibile come vibrazione acustica magica; un suono che, tremolando,
diviene la famosa sillaba OM emessa
in coro dai monaci tibetani per sintonizzare il loro animo (il microcosmo) alla
megavibrazione dell’universo (il macrocosmo). Per sintonizzare l’uomo
all’universo.
Anche
Goethe, nelle sue ‘Massime e riflessioni’, intuisce la preminenza del suono
scrivendo: “E’ forse nella musica che la
solennità dell’arte appare nel modo più straordinario, poiché essa non ha una
materia con cui dover fare i conti”.
(Goethe ‘Sulla
musica’ , Edizioni Studio Tesi 1992, p 39)
La
musica è fatta di suoni che sono dei rumori più o meno organizzati tra loro
secondo la cultura in cui l’opera nasce, o il periodo storico in cui si
sviluppa all’interno di una stessa civiltà (sviluppo diacronico): i suoni del
canto gregoriano non si susseguono allo stesso modo di quelli che stanno nella
musica barocca, in quella dodecafonica o elettronica. Tutti, comunque, nascono
dai rumori naturali, da quelli ancestrali e terribili del caos, del disordine
dell’universo ancora informe: risonanze che possiamo soltanto immaginare, o
identificare – ad esempio – nei terrorizzanti boati del terremoto o nei
fragorosi tuoni e scrosci d’acqua dei temporali. Poi vengono quelli del cosmo,
dell’ordine naturale delle cose: i rumori/suoni così come si manifestano o si
sono manifestati nel nostro pianeta, più o meno paurosi e portatori d’ansia,
più o meno piacevoli e distensivi. E’ un approccio al suono naturale che porta
all’avvento del respiro e del battito cardiaco, ambedue simboli della
pulsazione ritmicamente ordinata, premessa all’ideazione dei mezzi fondamentali
morfologici/grammaticali di cui si serve la musica occidentale: melodia, armonia, ritmo. I suoni che
diventano canto (melodia) nella loro successione sviluppata orizzontalmente. I
suoni che diventano armonia quando sono prodotti simultaneamente (scritti
verticalmente e realizzati – ad esempio al pianoforte – premendo due o più
tasti contemporaneamente). Il tutto sorretto dall’elemento coordinatore che dà
senso al tutto: il ritmo.
Il
ritmo è la componente fondamentale del discorso musicale; senza il ritmo la
musica, qualsiasi essa sia, manca di coerenza, di costruzione delle sue frasi
fatte di un inizio e di uno sviluppo regolamentato come la sintassi del
discorso parlato con le interpunzioni.
La
composizione è un insieme di incisi musicali, di frasi e periodi musicali ben
coordinati nel tempo, ben ritmati da pause, da rotture della continuità temporale
che è l’elemento coordinatore capace di dar senso al discorso musicale.
Un
altro contesto musicale che evoca situazioni fisiche e psicologiche
primordiali è quello proposto da Gyorgy
Kurtág (1926 -), il musicista contemporaneo ungherese che con la sua musica
suggestiva riecheggiante remote lontananze e sottili capacità incantatorie, ci
conduce in un passato ancestrale molto coinvolgente. La stimmung musicale,
l’atmosfera evocata dai suoi messaggi è paragonabile allo stato di
contemplazione che il cielo lontano provoca nel principe Andrej – uno dei
protagonisti di ‘Guerra e pace’ di Tolstoj – ferito e disteso a terra con lo
sguardo rivolto al cielo. Scrive Tolstoj: “Ma
non vide nulla. Al di sopra di lui non c’era più nulla, non c’era che il cielo:
un cielo alto, non luminoso ma, ciò nonostante, incommensurabilmente alto, con
nuvole grigie che quietamente strisciavano su di esso ... «Come è calmo,
tranquillo e solenne!», pensò il principe Andrea, ... «Come mai non ho veduto
prima questo cielo sublime? ... Non
esiste nulla tranne esso. Ma nemmeno esso esiste; non esiste nulla, tranne il
silenzio, la quiete, il riposo»”.
( L.Tolstoj ‘Guerra e pace’, Mondadori 1957, vol I p 397)
Ascolta -
György Kurtág “… quasi una fantasia …”